IL TRIBUNALE 
 
    Nel procedimento introdotto con ricorso  ex  art.  2409  c.c.  ed
iscritto al numero 1710/2011  RGVG  dai  sigg.ri  Nicola  Di  Foggia,
Galdino Accrogliano' e Mario Brancia, rispettivamente in qualita'  di
presidente e membri  effettivi  del  collegio  sindacale  del  Gruppo
Agranitica Srl, rappresentati e difesi dall'avv.  Lucio  Nicastro  ed
elettivamente domiciliati presso lo studio  dell'avv.  Anna  Zito  in
Villanova di Guidonia, via Gesmundo n. 5, ricorrenti nei confronti di
Gruppo Agranitica societa' a responsabilita' limitata,  con  sede  in
Morlupo, via Giuseppe di Vittorio n. 1, resistente non costituito, ha
pronunciato la seguente ordinanza con la quale si  solleva  questione
di legittimita' costituzionale ex officio. 
 
                              In fatto 
 
    Con istanza del 25 novembre 2011 i ricorrenti hanno richiesto  al
Tribunale civile di Tivoli di  assumere  provvedimenti  necessari  al
fine  di  accertare  la  sussistenza  delle  violazioni   che   hanno
contestualmente denunziato e  di  assumere  i  conseguenti  opportuni
provvedimenti  a   carico   della   gruppo   Agrantica   societa'   a
responsabilita' limitata, ai sensi dell'articolo 2409 c.c. 
    In particolare hanno rappresentato che la societa' sopraindicata,
avendo un capitale sociale sottoscritto e versato di euro 650.000,00,
aveva provveduto alla  nomina  obbligatoria  ai  sensi  dell'articolo
2477, secondo comma c.c. del collegio sindacale, nelle persone  degli
odierni ricorrenti, che rivestono tale qualita' dal 6 ottobre 2006. 
    La societa' adita e' amministrata  da  un  amministratore  unico,
titolare altresi' di una quota del  capitale  sociale  pari  ad  euro
425.000,00, mentre le residue quote sono di titolarita' di altri  due
soci per euro rispettivamente 125.000,00 e 100.000,00. 
    La societa' svolge di fatto e tra le attivita'  consentite  dallo
statuto  sociale,  quella  di   ristrutturazione   di   immobili   ed
alberghiera ed a tale scopo aveva  sottoscritto  con  altra  societa'
facente capo alla medesima compagine sociale un contratto  avente  ad
oggetto il  godimento  di  un  immobile  nella  Regione  Puglia,  con
destinazione alberghiera. 
    In particolare, i ricorrenti hanno rappresentato  che  nel  corso
dell'esercizio chiuso al 31 dicembre 2009 la societa'  ha  proseguito
nell'avvio  dell'attivita'  alberghiera   presso   l'immobile   sopra
indicato, procedendo alla  ristrutturazione  ed  all'acquisizione  di
arredi funzionali all'attivita'. La societa' ha richiesto a tal  fine
un finanziamento (POR Puglia) che e' stato deliberato  con  determina
dirigenziale della regione Puglia numero 386 del 4 agosto 2006, nella
misura di euro 1.033.100,00. 
    Il  collegio  sindacale,  composto  dai  ricorrenti,   ha   posto
particolare attenzione alla situazione economica e finanziaria  della
societa' ed alla capacita' della stessa di fronteggiare i debiti pari
(secondo l'ultimo bilancio, approvato al 31 dicembre 2009) all'inizio
del 2010 ad euro 1.584.906,00, nonche' e al  rispetto  degli  impegni
assunti nell'ambito della gestione del finanziamento. 
    Il collegio, dopo aver convocato l'amministratore della  societa'
per il 27 gennaio 2010, ha convocato in data 5 febbraio 19 marzo 2010
l'assemblea dei soci per esaminare la situazione  finanziaria  e  per
chiedere all'amministratore la documentazione necessaria al  fine  di
espletare le dovute valutazioni. 
    Nel corso dell'assemblea del  5  febbraio  2010  l'amministratore
unico ha relazionato l'assemblea ed il collegio sindacale  in  merito
alla necessita' di risorse pari a euro 700.000 per  il  completamento
l'avvio dell'attivita' e in  merito  alla  conseguenza  richiesta  di
altro finanziamento richiesto alla Banca Monte dei Paschi  di  Siena,
tramite    l'intermediario    Arcofin,     propedeutico     alI'avvio
dell'attivita' alberghiera medesima, acconsentendo alla richiesta del
collegio sindacale di fornire documentazione idonea ad effettuare  le
necessarie verifiche. 
    I  ricorrenti  hanno  anche  rappresentato  che  a   seguito   di
convocazione del collegio sindacale si e' tenuta una nuova  assemblea
dei  soci  in  data  19   marzo   2010,   nell'ambito   della   quale
l'amministratore unico ha informato il  collegio  circa:  l'imminente
liquidazione dell'importo di euro 300.000,00 quale saldo  del  POR  a
seguito  della  richiesta  avanzata  a  Medio  Credito  S.p.A.  (ente
erogatore   del    finanziamento),    lo    slittamento    dell'avvio
dell'attivita' all'inizio del 2011, la sottoscrizione di  un  accordo
con altra societa' per la definizione del piano di risanamento. 
    L'amministratore  non  ha  pero'  consegnato  la   documentazione
richiesta ed il collegio l'ha invitato indi a provvedere.  Nonostante
tali richieste l'amministratore (che e' anche socio  di  maggioranza,
come  detto)  ha  tenuto  un  comportamento  definito  sfuggente  dai
ricorrenti, non offrendo la possibilita'  al  collegio  sindacale  di
effettuare le periodiche verifiche  ed  omettendo  di  consegnare  la
documentazione contabile aggiornata, omettendo altresi' di  convocare
l'assemblea per l'approvazione del bilancio nei  termini  previsti  e
costringendo, mese  per  mese,  il  collegio  sindacale  ad  invitare
l'amministratore medesimo a trasmettere la bozza di bilancio. 
    L'amministratore ha risposto a tali inviti solo  con  l'invio  di
una relazione sulla gestione alla  quale  pero'  non  ha  dato  alcun
seguito, con la conseguenza che il collegio sindacale si  e'  trovato
obbligato a convocare  la  relativa  assemblea  di  approvazione  del
bilancio, che ha avuto luogo solo in data 28 settembre 2010. In  tale
data il collegio ha rilevato  il  permanere  della  situazione  sopra
descritta in merito all'avvio dell'attivita' aziendale e, quindi,  la
necessita' di risorse. Ha rilevato altresi' l'assenza di informazioni
in merito alla posticipazione dell'avvio  dell'attivita'  alberghiera
ed al  regime  nell'ambito  del  finanziamento  pubblico  erogato  da
Mediocredito. 
    In data 5 novembre 2010 il presidente del collegio  sindacale  ha
chiesto la convocazione di una nuova assemblea, al fine  di  ottenere
dall'amministrazione la  relazione  sulle  questioni  gia'  proposte,
tentando altresi' di accedere personalmente  alla  sede  sociale  per
ottenere le informazioni richieste, ma non riuscendo nel suo intento. 
    L'amministratore, ancorche' richiesto, non ha  proceduto  nemmeno
alla nomina di nuovo collegio sindacale, essendo quello vigente ormai
decaduto, ne' ha trasmesso  la  bozza  di  bilancio  o  aggiornamenti
inerenti la contabilita' e la documentazione richiesta. 
    Alla luce  di  tale  situazione,  i  predetti  ricorrenti,  quali
presidente e membri del collegio sindacale non  ancora  nominato,  si
sono rivolti al Tribunale di Roma, con ricorso ex articolo 2409 c.c.,
che e' stato pero' rigettato per ragioni di  competenza  inderogabile
in favore del tribunale di Tivoli. 
    Fissata l'udienza per il giorno 16 marzo 2012,  e  verificata  la
regolarita' delle notifiche e l'assenza della societa' intimata,  nel
corso dell'udienza  la  difesa  dei  ricorrenti  ha  insistito  nelle
proprie richieste ed il collegio si e' riservato. 
    Alla luce di quanto sopra descritto ritiene il  collegio  che  vi
sarebbero in astratto ragioni sufficienti ad accogliere la  richiesta
di  controllo  giudiziario  ex  articolo  2409  c.c.  e  disporre   i
conseguenti provvedimenti, anche a tutela dei  creditori  (oltre  che
dei sindaci,  che  potrebbero  essere  chiamati  a  rispondere  delle
proprie responsabilita' e che presumibilmente anche a tal fine  hanno
chiesto l'intervento di questo Tribunale). 
 
                             In diritto 
 
Inquadramento della quaestio giuridica alla luce  dello  stato  della
giurisprudenza. 
    Il problema di diritto che si  pone  alla  attenzione  di  questo
collegio  concerne  la  esperibilita'  del  rimedio   del   controllo
giudiziario ex art. 2409 c.c. da parte del collegio sindacale di  una
S.r.l. 
    La interpretazione giurisprudenziale delle norme  di  riferimento
e' stata tutt'altro che pacifica. 
    In particolare, accanto a  pronunce  che  hanno  riconosciuto  la
piena applicabilita' della norma richiamata  anche  alle  societa'  a
responsabilita' limitata (Trib. Udine, 18  giugno  2004,  in  Dir.  e
Prat. Soc., 2005, monog. 1,  78;  Trib.  Udine,  1  luglio  2004,  in
Societa', 2005, 367; Trib. Roma, 6  luglio  2004,  in  Giur.  Merito,
2005, 2, 312; Trib. Treviso, 28 settembre 2004, in Dir, e Prat. Soc.,
2005, 20, 72; Trib. Roma, 1 dicembre 2004, in Giur, Comm., 2006,  II,
81; Trib. Milano, 8 luglio  2005,  in  Foro  it.  2006,  1240;  Trib.
Napoli, 14 maggio 2008, in Giur, Merito, 2009, 10, 2492), sono  state
emesse sentenze che,  al  contrario,  hanno  negato  l'ammissibilita'
dell'estensione normativa (Trib. Lecce, 16 luglio 2004, in  Societa',
2005, 358; Trib. Bologna, 21 ottobre 2004, in  Societa',  2005,  355;
Trib. Milano, ord., 12 maggio 2006; Trib.  Bari,  27  novembre  2004;
App. Roma, 7 aprile 2005, in Giur. Comm., 2006, 1, 81; App. Roma,  13
aprile 2005, in Giur. It., 2006, 75; Trib. Milano,  12  maggio  2006;
App. Napoli, 15 maggio 2005, in Riv. Giur.  Molise  e  Sannio,  2006,
2,1; App. Roma, 13 luglio 2006, in Foro It.,  2007,  5,  1593;  Trib.
Lucca, 13 settembre 2007, In Giur,  Merito,  2008,  12,  3187;  Trib.
Roma, 16 gennaio 2008, in Riv. Notariato, 2009, 3, 668). 
    In particolare, si e' ritenuto  che  il  richiamo  generico  alla
disciplina dedicata alla societa' per azioni  potesse  non  includere
automaticamente anche il contenuto della disposizione  ex  art.  2409
c.c. (cfr. App. Trieste 5 novembre 2004; Trib. Lecce 16 luglio  2004;
Trib Bologna 21 ottobre 2004). Ad  avviso  di  tale  orientamento  la
medesima relazione al d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 sarebbe  piuttosto
chiara sulla questione: prevede infatti che l'intervento del  giudice
nelle forme di cui all'art. 2409 c.c. e' inutile dal momento  che  ad
ogni  socio  e'  reso  possibile  avere  notizie  con  riguardo  alla
gestione, e' attribuita la legittimazione a proporre  azioni  sociale
di responsabilita' nonche' il potere di ottenere in  quella  sede  un
provvedimento di revoca dell'amministratore.  In  definitiva  afferma
che i soci di societa' a  responsabilita'  limitata  hanno  gia'  uno
strumento che gli consente  di  dirimere  i  conflitti  interni  alla
societa'. 
    Altro  dubbio  ermeneutico  e'  stato  incentrato   nella   nuova
formulazione dell'art. 2477 c.c., che disciplina i  casi  in  cui  la
nomina  del  collegio  sindacale  nella  societa'  a  responsabilita'
limitata  e'  obbligatoria,  nella  parte  in  cui  prevede  che  "si
applicano le disposizioni dettate in tema di  societa'  per  azioni".
Secondo parte della giurisprudenza (cfr. Trib. Udine 1  luglio  2004;
Trib. Roma 6 luglio 2004; Trib. Roma 1 dicembre 2004), in  virtu'  di
tale  inciso,  il  controllo  giudiziario  sarebbe  applicabile  alle
societa' a responsabilita' limitata dotate di collegio sindacale. 
    La querelle che si e' venuta a creare fra le Corti di  merito  ha
interessato anche la Corte Costituzionale, che si e' pronunciata  nel
14 dicembre 2005 con sentenza n. 481, chiamata a  pronunciarsi  dalla
Corte di appello  di  Trieste  e  dal  Tribunale  di  Cagliari:  tali
autorita' avevano affermato che la differenza di trattamento  fra  le
societa' a responsabilita' limitata e  le  societa'  per  azioni  non
sarebbe giustificata e  configurerebbe  una  violazione  dell'art.  3
Cost. posto che i soci di  S.p.a.  verrebbero  trattati  dalla  legge
meglio dei soci di S.r.l., senza che vi sia una  ragione  per  questa
disparita' di trattamento. 
    La  Corte   costituzionale   ha   dichiarato   costituzionalmente
infondata la questione di legittimita' costituzionale degli  articoli
2409 c.c., 2476, comma 3 c.c. e 2477, comma 4  c.c.  con  riferimento
agli articoli 3 e 76 della  Costituzione,  nella  parte  in  cui  non
prevedono  l'applicabilita'  dell'art.  2409  c.c.  alla  societa'  a
responsabilita'  limitata.  Di  fatto,  la  Corte  costituzionale  ha
fondato le proprie argomentazioni sull'art. 2, lett. f), della  legge
di delega alla riforma del diritto societario 3 ottobre 2001, n.  366
che fissa il principio generale per cui le societa' a responsabilita'
limitata e le societa'  per  azioni  devono  costituire  due  modelli
distinti, principio cui fa da corollario la previsione, per le prime,
di un autonomo ed organico complesso di  norme  ed  una  impostazione
della disciplina  radicalmente  divergente  da  quella  adottata  dal
codice civile. 
    La Corte costituzionale si e' dunque limitata ad affrontare  tale
specifica quaestio, della quale era stata investita, e non ha  ancora
avuto   occasione,   invece,   di   pronunciarsi   in   ordine   alla
ragionevolezza  della  discriminazione   operata   tra   societa'   a
responsabilita' limitata previste dalla legge 91/1981, il cui art. 13
ammette il controllo giudiziario ex art.  2409  c.c.,  e  societa'  a
responsabilita' limitata aventi  un  fine  statutario  o  costitutivo
diverso da quello indicato nella legge 91/1981. 
    A  sostegno  dell'assunto  negatorio  e'  intervenuta  anche  una
recente decisione della cassazione  (n.  403/2010),  successiva  alla
pronuncia del Giudice delle Leggi. 
    Nel dettaglio, la sentenza  della  Corte  di  cassazione  del  13
gennaio 2010, n. 403 e' intervenuta sulla questione chiarendo che  la
societa'  a  responsabilita'  limitata  ha  una  disciplina  autonoma
rispetto a quella dettata per la societa' per azioni. Nella  societa'
a responsabilita' limitata il potere di denunciare  le  irregolarita'
nella gestione degli amministratori spetta ai soci e non  ai  sindaci
ed e' inapplicabile  la  disposizione  del  controllo  giudiziale  su
istanza  del  collegio  sindacale.  In  particolare,  la   Corte   di
cassazione ha statuito che il generico richiamo alla disciplina della
societa' per azioni di cui all'art. 2477 c.c. non si estende all'art.
2409 c.c., in virtu'  proprio  della  nuova  impostazione  data  alla
societa' a responsabilita' limitata. La nuova  disciplina  conferisce
ai soci poteri di controllo individuali  autonomi  e  ben  delineati,
diversi da quelli esistenti prima della riforma e li sottrae cosi' al
collegio sindacale, qualora fosse nominato. 
    E' opportuno analizzare nel  dettaglio  le  ragioni  del  decisum
della Suprema Corte: 
        (i)  voluta  diversita',  da  parte  del  legislatore   della
riforma, del sistema  societario  della  societa'  a  responsabilita'
limitata rispetto alla societa' per azioni; 
        (ii) abrogazione del richiamo alle societa' a responsabilita'
limitata, contenuto nella formulazione del precedente art. 2488 c.c.; 
        (iii)  richiamo  all'art.  92  disp.  att.  c.c.  che,  nello
stabilire gli effetti della nomina dell'amministratore giudiziario ex
art. 2409  c.c.  sull'imprenditore,  fa  esclusivo  riferimento  alle
societa' per azioni ed  alle  societa'  in  accomandita  per  azioni,
escludendo   espressamente   la   previsione   delle    societa'    a
responsabilita' limitata. La sentenza della Corte  di  cassazione  ha
fatto, altresi', espresso richiamo anche alla Relazione alla  riforma
societaria, nella quale, relativamente alla citata  procedura,  viene
affermata la superfluita' e  la  contraddittorieta'  con  il  sistema
delle societa' a responsabilita' limitata della previsione  di  forme
di intervento del giudice, quali quelle previste dall'art. 2409 c.c. 
    Alla luce delle predette considerazioni, la  citata  sentenza  di
legittimita' ha dunque innanzitutto affermato la  totale  preclusione
al ricorso del procedimento ex art.  2409  c.c.  per  le  societa'  a
responsabilita' limitata, in cui la nomina del collegio sindacale sia
facoltativa. La Suprema Corte si e' poi ulteriormente  soffermata  ad
analizzare  l'applicabilita'  della  citata  norma  alle  societa'  a
responsabilita'  limitata,  nelle  quali  la  nomina   del   collegio
sindacale sia divenuta obbligatoria ai sensi dell'art. 2477  c.c.  Ed
infatti proprio il richiamo che  quest'ultimo  articolo  compie  alla
disciplina   delle   societa'   per   azioni   aveva   creato   dubbi
interpretativi. Piu' precisamente, essendo l'art. 2409 c.c. collocato
nell'ambito della disciplina del collegio  sindacale  nelle  societa'
per azioni, la Corte ha preso in considerazione che, per effetto  del
citato  richiamo  di  cui  all'art.  2477  c.c.,  anche  il  collegio
sindacale   di    una    societa'    a    responsabilita'    limitata
(obbligatoriamente   nominato)   potrebbe   essere   legittimato    a
sollecitare i provvedimenti di cui all'art. 2409 c.c. 
    Siffatta  conclusione  non  e'  stata   pero'   condivisa   dalla
cassazione sulla base dei seguenti motivi: 
        (i) il richiamo alle disposizioni della societa' per  azioni,
contenuto all'art. 2477 c.c., e' generico; 
        (ii) il legislatore della riforma si  e'  espresso  in  senso
contrario, escludendo il richiamo  alle  societa'  a  responsabilita'
limitata nella nuova formulazione dell'art. 2409 c.c.,  come  risulta
anche dalle analitiche argomentazioni illustrate nella  Relazione  al
testo normativo; 
        (iii) il contrasto che si creerebbe tra un  eventuale  potere
riconosciuto  al  collegio  sindacale  di  sollecitare   l'intervento
dell'Autorita' giudiziaria, ai  sensi  dell'art.  2409  c.c.,  ed  il
potere di  controllo,  che  la  riforma  del  diritto  societario  ha
espressamente attribuito ai soci, i quali sono  legittimati  anche  a
proporre azione di responsabilita' nei confronti degli amministratori
ed a richiederne la revoca in via cautelare. 
    Come nota  conclusiva,  tuttavia,  la  stessa  Suprema  Corte  ha
precisato che lo stesso legislatore avrebbe interpretato la normativa
vigente in linea con la posizione negatrice, avendo previsto, con  il
d.lgs. n. 37/2004 (art.  8),  una  specifica  eccezione  alla  regola
generale per le societa' sportive, di cui alla legge n.  91/1981,  in
relazione alle quali e'  ammissibile  l'applicazione  dell'art.  2409
c.c., anche nel caso in cui siano costituite sotto forma di  societa'
a responsabilita' limitata. 
    Pertanto, ha concluso la Corte  di  Cassazione,  il  rinvio  alle
disposizioni della societa' per azioni, di cui  all'art.  2477  c.c.,
deve  essere  interpretato  come  semplice  richiamo   ai   requisiti
professionali,  alle   cause   di   ineleggibilita',   decadenza   ed
incompatibilita' dei sindaci,  previste  all'art.  2397  c.c.  e  ss.
nonche' alle rispettive funzioni e  doveri,  indicati  all'art.  2403
c.c. e ss. ma non certamente quale estensione dell'applicazione delle
disposizioni di cui all'art. 2409 c.c. 
    Nonostante    tali    autorevoli    pronunce,     i     contrasti
giurisprudenziali non sono cessati, essendo  fortemente  sentita  dai
giudici di merito l'esigenza di una maggiore tutela  anche  da  parte
dei collegi sindacali delle societa' responsabilita' limitata. 
    La posizione della Suprema Corte,  in  merito  all'applicabilita'
dell'art. 2409 c.c. alle  societa'  a  responsabilita'  limitata  con
obbligo di  nomina  del  collegio  sindacale,  e'  stata  ad  esempio
totalmente disattesa dal Tribunale di Milano che, con decreto del  26
marzo 2010, ha riconosciuto l'ammissibilita' per  i  sindaci  di  una
societa' a responsabilita' limitata, obbligatoriamente  nominati,  di
adire  il  Tribunale,  per  sottoporre  la   societa'   a   controllo
giudiziario,  in  caso  di  gravi  irregolarita'  poste   in   essere
dall'organo amministrativo. Nella motivazione del  provvedimento,  il
Tribunale di Milano ha preso in  esame  proprio  la  citata  sentenza
emessa dalla Corte di Cassazione, illustrando  i  motivi  di  mancata
condivisione   delle   considerazioni   della   Suprema   Corte.   In
particolare,  il  Collegio  giudicante  milanese   ha   fornito   una
differente  interpretazione  del  richiamo  alla   disciplina   delle
societa' per azioni, contenuto nel citato art. 2477 c.c. 
    Nello specifico, il giudice meneghino ha affermato  che,  essendo
l'art. 2409 c.c. inserito nella sezione che si  occupa  del  collegio
sindacale delle societa' per azioni,  il  rinvio  debba  considerarsi
tutt'altro che  generico  (al  contrario  di  quanto  ritenuto  dalla
Cassazione) e che abbia, al  contrario,  l'effetto  di  estendere  la
possibilita' di denuncia al Tribunale di  gravi  irregolarita'  anche
alle societa' a responsabilita' limitata con obbligo  di  nomina  del
collegio sindacale. 
    A parere del Tribunale di Milano,  tale  interpretazione  sarebbe
l'unica possibile, al fine di attribuire ai  sindaci  di  societa'  a
responsabilita' limitata un'adeguata tutela. Infatti,  negare  ad  un
sindaco il potere di intervento su atti di mala  gestio  (tramite  lo
strumento  di  cui  all'art.  2409  c.c.)   significherebbe   esporre
quest'ultimo   ad   una   responsabilita'   per   fatto   del   terzo
(l'amministratore), rispetto al quale non disporrebbe di alcun potere
e,  pertanto,  ad  una  responsabilita'  che   potrebbe   addirittura
considerarsi di  natura  oggettiva.  Il  decreto  milanese  in  esame
specifica, altresi', che il potere di controllo, attribuito  ai  soci
di societa' a responsabilita' limitata, non puo' escludere il diritto
di intervento dei sindaci, in  caso  di  irregolarita'  di  gestione.
Infatti, i poteri attribuiti dalla riforma  ai  soci  di  societa'  a
responsabilita' limitata non escludono il  rischio  che  la  societa'
possa essere esposta ad abusi, da parte degli amministratori,  quando
tali abusi siano voluti anche dai soci o quando i  soci  siano  anche
amministratori. 
    In tale ipotesi, infatti, potrebbe sorgere una diversita' tra gli
interessi del patrimonio sociale e quelli  dei  soci,  con  eventuali
gravi ripercussioni per  la  societa'  e  per  i  terzi.  Secondo  il
Tribunale di Milano, e' proprio in questi casi  che  maggiormente  si
evidenzierebbe l'utilita' del ricorso alla  procedura  ex  art.  2409
c.c. anche nelle societa' a  responsabilita'  limitata,  al  fine  di
garantire l'intervento di un controllore  che  agisca  nell'interesse
non dei  soci  bensi'  della  societa'  e  soprattutto  dei  relativi
creditori sociali. 
    In particolare, sempre ad avviso del Tribunale di Milano, qualora
la S.r.l. sia tenuta alla nomina del collegio sindacale ai sensi  del
secondo o del terzo comma dell'art.  2477  c.c.  (nella  formulazione
ante 14, L. 12.11.2011, n. 183 (Legge di stabilita')  con  decorrenza
dal 1.01.2012), deve ritenersi attribuita ai  componenti  dell'organo
di  controllo  la  facolta'  di  denunziare  al  tribunale  le  gravi
irregolarita' commesse dagli amministratori nella gestione, ai  sensi
dell'art. 2409, ultimo comma, c.c.  (nel  caso  oggetto  di  giudizio
relativo a inerzia dell'amministratore  unico  nella  gestione  della
societa', nonche' a  una  posizione  di  conflitto  di  interessi  di
quest'ultimo, il Tribunale, in accoglimento del ricorso proposto  dai
sindaci, ha  indi  revocato  l'amministratore  unico  e  nominato  un
amministratore  giudiziario,  ritenendo   superflua   la   preventiva
ispezione prevista dal secondo comma dell'art. 2409 c.c., per  essere
stati  i  fatti  dedotti   dai   ricorrenti   espressamente   ammessi
dall'amministratore unico costituitosi in giudizio). 
    Tale  interpretazione  favorevole  e'  stata   riproposta   dalla
sentenza n. 501/2011 del Tribunale di  Milano,  che  ha  da  un  lato
affermato la responsabilita' degli amministratori delle S.r.l.  verso
i  creditori  sociali  e  dall'altra  la  necessita'   di   garantire
l'esperibilita' del rimedio ex art. 2409 c.c. 
    Secondo i giudici, l'eventuale assenza di  una  disciplina  della
responsabilita' degli amministratori  delle  Srl  verso  i  creditori
sarebbe inconciliabile con il sistema di responsabilita' degli organi
gestori delineato dalla riforma. 
    La mancata espressa previsione nelle nuove norme sarebbe, quindi,
la conseguenza di una svista di coordinamento della normativa  e  non
invece una  scelta  legislativa,  anche  perche'  non  vi  e'  alcuna
menzione di tale circostanza nella relazione illustrativa del decreto
di riforma del diritto societario. 
    La sentenza, quale conseguenza del ragionamento,  avvalora  anche
la tesi che nelle  S.r.l.  con  collegio  sindacale  obbligatorio,  i
creditori potrebbero agire contro i sindaci  per  l'omesso  controllo
che ha concorso a determinare l'insufficienza del patrimonio  sociale
ove questi non abbiano esperito i necessari controlli. 
    Ne conseguirebbe, in tale contesto,  che  l'eventuale  esclusione
degli amministratori, responsabili diretti della gestione, e non  dei
sindaci risulterebbe paradossale. 
    La sentenza, infine, evidenzia che una differente interpretazione
determinerebbe problemi di legittimita' costituzionale  sia  per  una
ingiustificata disparita' di trattamento rispetto ai creditori  della
societa' per  azioni,  sia  perche'  il  legislatore  delegato  della
riforma delle societa' non  era  stato  autorizzato  all'eliminazione
dell'azione dei creditori sociali delle S.r.l. 
    Tali   decisioni    evidenziano    l'esigenza    sentita    dalla
giurisprudenza vivente di fornire i collegi sindacali del  potere  di
esperire l'azione prevista dall'art. 2409 c.c. anche nelle societa' a
responsabilita' limitata. 
    Non va poi dimenticato tale esigenza e' stata avvertita anche dal
Consiglio nazionale dei commercialisti. Invero, la  norma  6.3  delle
«Norme  di  comportamento  del  collegio  sindacale»  del   Consiglio
nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili auspica che
lo strumento di controllo  giudiziario  previsto  dall'articolo  2409
venga ritenuto ammissibile, anche su ricorso del collegio  sindacale,
per ragioni basate sull'unitarieta' del sistema dei  controlli  anche
su   ricorso   del   collegio   sindacale,   per    ragioni    basate
sull'unitarieta' del sistema dei controlli. 
Sulla rilevanza della questione nella fattispecie alla attenzione del
Tribunale. 
    Nel caso di specie  la  questione  di  diritto  appena  descritta
appare di imprescindibile soluzione per la decisione  sulla  istanza,
trattandosi  di  norma  che  preclude  la  stessa  esperibilita'  del
rimedio, determinando cosi' la declaratoria di  inammissibilita'  del
ricorso, che, invece, per quanto detto in fatto, appare  al  collegio
meritevole di accoglimento. 
Impossibilita'  di  un'interpretazione  costituzionalmente  orientata
della norma. 
    Ritiene il collegio che le argomentazioni della Corte Suprema  di
Cassazione (Corte di Cassazione del 13 gennaio 2010,  n.  403)  siano
insuperabili e che allo stato della  normativa  non  sussista  alcuna
possibilita'  di  applicare  l'art.  2409  c.c.   alle   societa'   a
responsabilita' limitata. 
    Invero, oltre a quanto affermato dalla  Cassazione,  va  aggiunto
che il riferimento normativo contenuto nell'art. 2477  c.c.,  con  il
quale  si  rinviava  alle  disposizioni  sulle  societa'  per  azioni
(testualmente: "Nei casi  previsti  dal  secondo  e  terzo  comma  si
applicano le disposizioni in tema di societa' per azioni;  se  l'atto
costitutivo non dispone diversamente, la revisione legale  dei  conti
e' esercitata dal collegio sindacale)  e'  venuto  meno  nella  nuova
formulazione introdotta dall'art. 14, legge 12 novembre 2011, n.  183
(Legge di stabilita') con decorrenza dal 1° gennaio 2012.  Ne  deriva
l'assoluta impossibilita' di una  interpretazione  "estensiva"  della
norma  in  precedenza  richiamata  a  sostegno   della   tesi   della
esperibilita' dell'art. 2409 c.c. da parte del Tribunale di Milano. 
    Tuttavia,  gli  effetti  di  limitazione  della  tutela  che   ne
deriverebbero ed i rischi gravanti sul collegio sindacale - come  ben
evidenziati dal Tribunale di Milano con decreto del 26 marzo  2010  e
con sentenza n. 501/2011 -  legittimano  certamente  nuovi  dubbi  di
conformita' alla Carta costituzionale. Infatti, negare ad un  sindaco
il potere di intervento su atti di mala gestio (tramite lo  strumento
di cui all'art. 2409 c.c.) significherebbe  esporre  quest'ultimo  ad
una responsabilita' per fatto del terzo (l'amministratore),  rispetto
al quale  non  disporrebbe  di  alcun  potere  e,  pertanto,  ad  una
responsabilita'  che  potrebbe  addirittura  considerarsi  di  natura
oggettiva. 
Motivi di contrasto con norme di rango costituzionale. 
Illegittimita' costituzionale dell'art. 2409 c.c.  e  2476  c.c.  con
riferimento agli articoli 3  e  24  della  Costituzione  nonche'  del
principio della ragionevolezza. 
    Per tali ragioni, condivide il collegio l'esigenza che il  potere
di controllo,  attribuito  ai  soci  di  societa'  a  responsabilita'
limitata - ancorche' diversa da quelle sportive - non possa escludere
il diritto di intervento dei sindaci, in  caso  di  irregolarita'  di
gestione.  Infatti,  l'aver  attribuito  la   riforma   del   diritto
societario la possibilita' di accesso anche ai  soci  di  societa'  a
responsabilita' limitata non esclude il rischio che la societa' possa
essere esposta ad abusi, da parte degli amministratori. Cio'  risulta
particolarmente evidente quando tali abusi  siano  voluti  anche  dai
soci o quando i soci siano anche amministratori,  come  nel  caso  di
specie. In  tale  casi,  come  detto,  puo'  sorgere  facilmente  una
diversita' tra gli interessi del  patrimonio  sociale  e  quelli  dei
soci, con possibili gravi ripercussioni  per  la  societa'  e  per  i
terzi. 
    Dunque, ad avviso del collegio e' proprio per tale ragione ed  in
queste fattispecie che maggiormente si evidenzierebbe l'utilita'  del
ricorso, anche nelle societa' a responsabilita' limitata che  abbiano
finalita' diverse da quelle sportive, alla  procedura  ex  art.  2409
c.c., al fine di garantire l'intervento di un controllore che  agisca
nell'interesse non dei soci bensi' della societa' e  soprattutto  dei
relativi creditori sociali. 
    In questa prospettiva non appare quindi piu' condivisibile quanto
si afferma nella Relazione accompagnatoria al decreto legislativo  n.
6 del 2003 e cioe' che l'ampliamento del potere ispettivo  dei  soci,
la  legittimazione  di'   ciascun   socio   all'azione   sociale   di
responsabilita',  la  previsione  di   un   provvedimento   cautelare
d'urgenza  di  revoca  degli  amministratori   in   caso   di   gravi
irregolarita' nella gestione della societa'  (art.  2476  cod.  civ.)
sarebbero idonei a coprire l'area di operativita' dell'art. 2409 cod.
civ., e deve negarsi, pertanto, la pretesa equivalenza di tutela che,
in tal modo, si sarebbe assicurata. 
    Inoltre, ad una applicazione generalizzata del rimedio  da  parte
dei Sindaci delle Srl osta, per quanto  appena  detto,  il  novellato
dato normativo (a seguito della legge di stabilita' del 2010). 
    Cio' si traduce anche in una limitazione del diritto  di  difesa,
tutelato dall'art. 24 Cost., da parte dei collegi sindacali. 
    Non assume nemmeno rilievo nel caso  di  specie,  ad  avviso  del
collegio,  quanto  in  precedenza  affermato  dalla  Consulta   nella
decisione  n.  481/2005  in  merito   al   "bilanciamento"   tra   la
impossibilita'  di  esperire  il  rimedio  ex  art.   2409   c.c.   e
l'estensione dell'accesso a tutti i soci. 
    Invero il Giudice delle  leggi  ha  rettamente  evidenziato,  nel
respingere la q.l.c. sollevata nel 2005, che "l'accesso consentito  a
ciascun socio a documenti della societa' costituisce  certamente  una
profonda innovazione, idonea  a  potenziare  l'efficacia  dell'azione
sociale di responsabilita',  alla  quale  viene  legittimato  ciascun
socio, che viene altresi' legittimato a «chiedere, in caso  di  gravi
irregolarita'  nella  gestione  della  societa',  che  sia   adottato
provvedimento cautelare di revoca degli amministratori». Ed e' appena
il caso di rilevare come la formulazione letterale  della  norma  non
imponga affatto l'interpretazione che dei  presupposti  della  misura
"cautelare" di revoca  propongono  i  rimettenti,  al  contrario,  la
qualificazione di "cautelare" data dalla legge alla misura di  revoca
ben puo' essere intesa  -  come  peraltro  ritiene  una  parte  della
giurisprudenza e della  dottrina  -  nel  senso  di  strumentale  (ed
anticipatoria rispetto) ad una azione volta ad ottenere una  sentenza
di revoca degli amministratori, per  cio'  solo  che  nella  gestione
della societa'  sono  presenti  "gravi  irregolarita'"  e  v'e'  mero
pericolo di danno per la medesima. Cosi come la salvezza del «diritto
al risarcimento dei danni spettanti [...] al  terzo»  danneggiato  da
atti dolosi o colposi degli amministratori (art: 2476,  comma  sesto,
cod. civ.) costituisce previsione che non preclude interpretazioni  -
peraltro proposte in dottrina - idonee ad assicurare efficace  tutela
ai creditori sociali". 
    Tuttavia, il problema oggi  all'attenzione  di  questo  Tribunale
riguarda la diversa prospettiva della responsabilita' dei  componenti
il collegio sindacale che potrebbero essere chiamati a rispondere dai
creditori, prospettiva nella quale non  e'  stata  ancora  affrontata
dalla   Consulta   la   questione   di   conformita'   ai    principi
costituzionali. 
    E' inoltre nuovo e meritevole di verifica costituzionale anche il
profilo della disparita' di  trattamento  con  le  societa'  sportive
aventi  struttura  di  S.r.l.,  che  potrebbe  palesare  profili   di
irragionevolezza, come si dira' meglio oltre. 
    Quindi, pur non ignorando questo Collegio che  il  Giudice  delle
Leggi sia gia' stato chiamato a pronunciarsi sul problema, si ritiene
che le censure rivolte in tali giudizi e quindi esaminate dalla Corte
costituzionale - essendo vincolata a quanto ivi dedotto  e  rilevante
nel caso di specie - non siano risolutive del quesito che si  propone
oggi. 
    Si ritiene, percio', di portare nuovamente alla attenzione  della
Consulta  la  quaestio  della  ammissibilita'  dell'istituto  di  cui
all'art. 2409 c.c. in  ipotesi  di  S.r.l.  con  collegio  sindacale,
diverse dalle societa' sportive, sotto i diversi e nuovi  profili  ed
argomentazioni  appena  esposti  ed  alla  luce  del  mutato   quadro
normativo (modifica operata dall'art. 14, legge 12 novembre 2011). 
    Illegittimita' costituzionale dell'art. 2409 c.c. e 2476 c.c., in
rapporto all'art. 13, legge 91/1981 con riferimento all'art. 3  Cost.
ed al principio della ragionevolezza. 
    Le disposizioni de quibus,  come  accennato,  appaiono  a  questo
tribunale in contrasto anche con il principio di ragionevolezza. 
    Va ricordato, a questo  riguardo,  che  la  giurisprudenza  della
Corte, in passato, era orientata nel senso di ricondurre il principio
di ragionevolezza all'interno  della  previsione  dell'art.  3  della
Costituzione che afferma - come noto - il principio  di  uguaglianza;
di modo che la norma irragionevole era costituzionalmente illegittima
in  quanto  apportatrice  di  irragionevoli   discriminazioni.   Come
conseguenza di siffatta impostazione era  necessario,  per  accertare
l'irragionevolezza della norma, che fosse individuato il c.d. tertium
comparationis. 
    Una volta affrancato  il  principio  di  ragionevolezza  sia  dal
principio   di   uguaglianza,   sia   dalla   ricerca   del   tertium
comparationis, la Corte ne ha poi affermato la  violazione  anche  in
assenza di una sostanziale disparita' di trattamento tra  fattispecie
omogenee, allorche' la  norma  presenti  una  intrinseca  incoerenza,
contraddittorieta' od  illogicita'  rispetto  al  contesto  normativo
preesistente o rispetto alla  complessiva  finalita'  perseguita  dal
legislatore. 
    Sotto la prima accezione si dubita  quindi  della  ragionevolezza
della esclusione dalla disciplina  di  cui  all'art.  2409  c.c.  nei
confronti delle  sole  societa'  a  responsabilita'  limitata  aventi
finalita' diverse dalle  attivita'  sportive  ed  attivita'  ad  esse
connesse o strumentali, come previsto dalla  legge  91/1981,  il  cui
articolo 13 e' stato modificato dal decreto  legislativo  6  febbraio
2004, n. 37 (Modifiche ed integrazioni ai decreti legislativi  numeri
5 e 6 del 17 gennaio 2003, recanti la riforma del diritto societario,
nonche' al testo unico delle leggi in materia bancaria e  creditizia,
di cui al decreto legislativo n. 385 del  1°  settembre  1993,  e  al
testo  unico  dell'intermediazione  finanziaria  di  cui  al  decreto
legislativo n. 58 del 24 febbraio 1998).  Infatti,  per  le  societa'
aventi  quale  scopo  indicato  nell'atto  costitutivo  le  attivita'
sportive o le attivita' ad esse  connesse  o  strumentali,  la  norma
dispone nei termini che seguono: "Il procedimento di cui all'articolo
2409 del codice civile si applica alle societa' di  cui  all'articolo
10, comprese  quelle  aventi  forma  di  societa'  a  responsabilita'
limitata;  il  potere  di  denuncia  spetta  anche  alle  federazioni
sportive nazionali". Orbene,  tale  discriminazione  nel  regime  di'
ricorribilita' allo strumento di cui all'art. 2409 c.c.  non  appare,
ad avviso del collegio, ragionevole, attesa la identita' di struttura
societaria utilizzata. 
    In sostanza a seconda della finalita' perseguita  dalla  societa'
si concede o meno il ricorso ad uno strumento di controllo  il  quale
controllo,  tuttavia,   dovrebbe   essere   legato   alle   dinamiche
strutturali e di funzionamento della societa',  che  sono  certamente
uguali in entrambi i casi, e non si ritiene  invece  ragionevole  che
possa essere diversamente valutato a seconda  dei  fini  statutari  o
costitutivi della societa'. 
    Va anche considerato  che  lo  strumento  in  oggetto  (controllo
giudiziario ex art. 2409 c.c.)  e'  un  mezzo  di  controllo  che  si
aggiunge agli strumenti di tutela  gia'  previsti  per  le  S.r.l.  e
quindi, anche nell'ottica della seconda accezione  di  ragionevolezza
della norma (quella cioe' della  intrinseca  incoerenza  rispetto  al
complesso normativo), non si  comprende  il  senso  della  esclusione
della  possibilita'  di  tutela  maggiore  (al  fine   di   garantire
l'intervento di un controllore che agisca nell'interesse non dei soci
bensi' della societa' e soprattutto dei relativi  creditori  sociali)
che il controllo giudiziario offrirebbe, a  fronte  della  dichiarata
intenzione del legislatore di  assicurare  una  maggiore  trasparenza
delle azioni societarie e, non da ultimo, a fronte di una denuncia da
parte della giurisprudenza vivente della lacuna di  strumenti  idonei
ad evitare - nelle societa' a responsabilita' limitata non ricomprese
in quelle di cui alla legge 91/1981 -  il  rischio  che  la  societa'
possa essere esposta ad abusi, da parte degli amministratori,  quando
tali abusi siano voluti anche dai soci o quando i  soci  siano  anche
amministratori, ipotesi in cui puo' certamente sorgere una diversita'
tra gli interessi del patrimonio  sociale  e  quelli  dei  soci,  con
eventuali gravi ripercussioni per la societa' e per i terzi. 
    Del resto lo stesso legislatore, nel riconoscere  l'esperibilita'
del rimedio per le S.r.l. di cui alla legge 91/1981, ha  riconosciuto
la compatibilita' del rimedio  con  la  struttura  della  societa'  a
responsabilita'  limitata,  sicche'  vengono   confutate   tutte   le
argomentazioni inerenti i limiti di compatibilita' con la struttura e
le dinamiche delle S.r.l. 
    In conclusione ritiene  il  collegio  che  sia  rilevante  e  non
manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 2409 c.c. e 2476 c.c., in combinato disposto con l'art.  13
legge 91/1981, nella parte  in  cui  non  consente  l'utilizzo  dello
strumento del controllo giudiziario ex art. 2409 c.c.  da  parte  dei
collegi sindacali nelle societa' a responsabilita'  limitata  diverse
da quelle di cui alla legge 91/1981.